Seleziona il capitolo della lezione

gli appunti a cura di Nosari Roberto

Le origini dell'informaticaPrincipi di funzionamentoIl computer le basiI componenti principaliIl cabinetMonitor e schede videoMultimedia e schede audioAltre perifericheLe memorie di massaLe interfacce di comunicazione

INFORMATICA DI BASE

Capitolo 1: Le origini dell'informatica

Siamo entrati nell'era dei calcolatori. Il calcolatore smista la nostra Posta, calcola e stampa l’estratto conto della nostra banca, le nostre bollette, produce i nostri certificati,  controlla il funzionamento di impianti industriali, …. e fa molte altre cose ancora.

Il calcolatore non fa niente da solo: ha bisogno dell'uomo. La sua conoscenza e le sue applicazioni aprono prospettive  interessanti  e nello stesso  tempo inquietanti  per le implicazioni che senza dubbio esso ha ed avrà sull'organizzazione della società e sulla vita dei singoli individui.Molti momenti della nostra esistenza, sono segnati,  più o meno direttamente dall'informatica.

CHE COS'E’  L'INFORMATICA

Il termine Informatica ( INFORMAzione automaTICA ) si riferisce all'insieme delle tecniche e dei metodi per la rappresentazione, l'elaborazione, la conservazione e la trasmissione delle informazioni.

E' ormai universalmente riconosciuta l'importanza della "informazione" in ogni aspetto della vita moderna, dalla produzione, ai servizi, dai rapporti sociali, alla politica, alla scienza. Che cos'è l'informazione? Informazione e': il notiziario radiofonico o televisivo,  il giornale che leggiamo, ma non solo. Informazione e' anche: i dati anagrafici relativi ad una popolazione, il listino dei cambi, il catalogo di una biblioteca, le conoscenze necessarie per risolvere un problema scientifico o quelle necessarie per controllare funzionamento di un impianto industriale.

L’informatica si occupa di tutto questo. Uno strumento potente per la gestione delle informazioni e' il "calcolatore", che pur essendo nato come dice il suo nome, per calcolare velocemente, si è rivelato ben presto un prezioso strumento per il trattamento di informazioni anche  non numeriche.

Possiamo quindi accettare per buona la definizione, non rigorosa, ma consentita dalla realtà dei fatti, di Informatica come Scienza del calcolatore. E' tuttora  comunque aperto il dibattito se di scienza, piuttosto che di tecnica, si tratti.

 

CHE COS'E’  IL CALCOLATORE

Il  calcolatore e' una macchina che opera la trasformazione dei dati (informazioni). Nel senso più generale e' una apparecchiatura che accetta dei dati in ingresso, li elabora secondo una sequenza predefinita di operazioni (calcoli, scelte, ecc.) e fornisce dei risultati sotto forma di dati e di azioni.

Dobbiamo notare che per ora abbiamo attribuito lo stesso significato alle parole "dati” e " informazioni". In realtà esiste una sottile differenza tra i due termini: il dato può portare una maggiore o minore quantità di informazioni a seconda del contesto nel quale viene ricevuto (analisi statistica). Non riteniamo sia pero' il caso di approfondire qui l'argomento e pertanto, continueremo ad usare le stesse parole con lo stesso significato.

La precedente ampia definizione di calcolatore comprende le macchine da calcolo puramente meccaniche, quelle elettromeccaniche e i calcolatori elettronici. Questi ultimi sono composti da unita' che trattano le informazioni elettronicamente e sono in genere collegate ad unita' elettromeccaniche che servono per comunicare con l'esterno e conservare le informazioni.

Vengono chiamate tradizionalmente calcolatrici le macchine da calcolo che appartengono alle prime due categorie e non sono automatiche.

Attualmente il confine tra calcolatrice e calcolatore e' diventato sempre più incerto, dal momento che entrambi sono realizzati con componenti elettronici. Come elemento caratterizzante di diversificazione si può considerare la capacita' di eseguire automaticamente una sequenza di operazioni predefinite, tipica del calcolatore elettronico.

Con il termine calcolatore si può fare riferimento a due categorie di macchine: i calcolatori analogici e i calcolatori digitali. Esistono anche i calcolatori ibridi, cioè i calcolatori che sono in parte analogici ed in parte digitali.

Nella pratica con il termine calcolatore si intende oggi il calcolatore automatico elettronico digitale e nel seguito esso viene usato con questo significato.

E' automatico, in quanto, dopo averlo opportunamente predisposto ed avviato, funziona da solo, senza interventi esterni. E' elettronico perchè sfrutta largamente la tecnologia elettronica, pur avendo parti meccaniche ed elettromeccaniche. E' digitale perchè opera su numeri (digit in inglese significa cifra) opportunamente codificati; tali "numeri" possono essere dati numerici o informazioni di altro tipo codificate in forma numerica.

Prima di iniziare la trattazione dei fondamenti dell'informatica, e' opportuno soffermarci un attimo ad analizzare gli aspetti che hanno  consentito negli ultimi anni e certamente ancor più in futuro, la realizzazione di calcolatori sempre più potenti ed affidabili a costi  contenuti rispetto alle  potenzialità  che  offrono.

Cerchiamo quindi di chiarire attraverso esempi cosa significa digitale ed analogico.

Come esempio di carattere analogico potremmo fare riferimento alla variazione della lancetta del tachimetro dell'automobile che si sposta  linearmente (cioè proporzionalmente) da un minimo ad un massimo in base alla velocità di rotazione della ruota e quindi ci indica la velocità raggiunta dall'automobile.

Oppure potremmo prendere come esempio il termometro a mercurio, dove l'altezza raggiunta dalla colonnina di mercurio ci indica, abbassandosi ed alzandosi,  ma sempre con linearità, la temperatura rilevata. Per analogica quindi intendiamo una grandezza che varia da un minimo ad un massimo, permettendoci di rilevare (vedere, misurare, ecc.) anche tutti gli infiniti valori compresi tra tali estremi.

Come esempio di carattere digitale potremmo invece far riferimento all'interruttore per la luce che ha soltanto i due estremi, cioè i suoi contatti sono chiusi o aperti e consente di avere o meno corrente nell'impianto e di conseguenza di accendere o meno la lampada.

Nel calcolatore, come in quasi tutti i sistemi attuali che trattano dati in forma numerica, si usano grandezze di tipo digitale, basate cioè solo su due rappresentazioni contrapposte: c'è o non c'è corrente; la lampada è accesa o spenta; una certa cosa è vera o falsa; il contatto di un interruttore è aperto o chiuso; ecc. in pratica non sono prese in considerazione le vie intermedie.

L'elettronica digitale (che funziona cioè in base al sistema digitale), ha raggiunto un livello tecnologico tale che permette la produzione di circuiti molto complessi, in spazi ridottissimi e quindi a costi molto bassi, poichè i processi di fabbricazione sono completamente automatici ed in più tali circuiti presentano caratteristiche tecniche e d'impiego talmente al di sopra dei circuiti analogici che è addirittura impensabile poterne  fare un paragone.

Per questi ed altri motivi, i circuiti logici  sono entrati ormai di prepotenza in quasi tutti i circuiti elettronici che vengono attualmente realizzati ed è per la loro importanza che dedicheremo loro un capitolo a parte sotto il titolo "porte logiche".  

LA STORIA DEI CALCOLATORI

Per capire l'attuale configurazione di un calcolatore dobbiamo fare un passo indietro, tornare alle sue origini e seguire passo passo, l’evoluzione.Gli uomini cominciarono a sviluppare le "macchine da calcolo" nel momento in cui l'uso delle sole dita delle mani si rivelò  insufficiente ai loro scopi. Iniziarono quindi dapprima, ad incidere i pavimenti o le pareti delle loro abitazioni, con simboli od a formare mucchi di sassi, affinando via via i vari sistemi ideati, sino a giungere alla prima vera macchina da calcolo conosciuta; l'abaco la cui invenzione si fa risalire al 450 a.c., e che ancora oggi viene largamente usato in alcuni paesi asiatici (tecnologicamente non troppo al passo coi tempi).

L'abaco consiste di un certo numero di sbarrette verticali, incastonate in una cornice rettangolare, sulle quali sono infilate delle palline mobili e di una sbarra orizzontale che divide in due parti il rettangolo.

 

 

 

L’abaco  è uno strumento di calcolo che ancora oggi è largamente usato in alcuni paesi asiatici.

 

Ognuna delle due palline al di sopra della sbarra orizzontale vale cinque  unità; ognuna delle quattro palline al di sotto della sbarra vale un'unita'.

Muovendosi da destra verso sinistra, la prima sbarretta verticale rappresenta le unità, la seconda le decine, poi le centinaia, le migliaia, e così via. Lo zero e' rappresentato da tutte le palline lontane dalla sbarra orizzontale. I numeri si inseriscono muovendo opportunamente le palline verso la sbarra orizzontale, procedendo da destra verso  sinistra, (l'abaco  mostrato in figura rappresenta il numero 1740).

Anche se l'abaco è un ottimo e relativamente veloce strumento di calcolo, (una persona veramente esperta può eseguire alcune operazioni più velocemente di un'altra fornita di macchina meccanica), non poteva soddisfare l'esigenza, sempre crescente, di riduzione dei tempi di calcolo, la parte più noiosa di ogni elaborazione matematica.

Meritano di essere menzionate alcune realizzazioni del XVII secolo. John Napier (Nepero) un matematico scozzese, inventò nel 1617 un dispositivo di calcolo che usava i principi dei logaritmi. Lo stesso anno l'inglese Henry Briggs pubblicò delle tavole logaritmiche e pochi anni dopo venne sviluppato il primo regolo calcolatore (una specie di righello con un particolare cursore, ancora oggi utilizzato nelle nostre scuole tecniche).

Nel 1642, Blaise Pascal inventò la prima vera macchina addizionatrice meccanica che poteva solo sottrarre o sommare. Era un complesso sistema di ruote, ingranaggi e finestrelle attraverso le quali si potevano leggere i numeri. Una macchina dello stesso tipo ma più perfezionata fu realizzata poco più tardi dal matematico tedesco Gottfried  W. Leibnitz . Questa macchina, messa a punto nel 1763, completamente meccanica, poteva addizionare, sottrarre, moltiplicare, dividere e anche estrarre la radice quadrata. Bisogna giungere ai primi anni dell'800 per avere nuovi e significativi contributi allo studio e alla realizzazione di macchine da calcolo sempre più potenti.

Un ruolo fondamentale svolse Joseph Jacquard. Egli realizzò, un telaio da tessitura controllato in modo automatico da schede perforate. L’idea di usare schede perforate come supporti per memorizzare istruzioni e dati fu in seguito sfruttata da Charles Babbage che, nel 1822 progettò una macchina detta "alla differenza” che calcolava il valore di funzioni polinominali e nel 1835, inventò un calcolatore digitale meccanico che fu chiamato macchina analitica . Babbage usò le schede perforate per programmare la sua macchina, questa era in grado di utilizzare i risultati di un calcolo come dati iniziali per un calcolo successivo, come pure di eseguire calcoli ciclici ripetitivi. Comprendeva cioè una memoria ed un'unità aritmetica e poteva stampare automaticamente i risultati.

Un'altra caratteristica molto importante della macchina analitica era la capacità di eseguire le istruzioni di un programma in un ordine diverso da quello in cui erano state introdotte: nella terminologia odierna queste procedure si chiamano cicli e salti condizionati. Purtroppo la macchina di Babbage rimase solo un progetto su carta a causa della mancanza di fondi necessari alla sua realizzazione. Per essa Lady Ada, contessa di Lovelace e figlia di Lord Byron, grande ammiratrice di Babbage, scrisse molti programmi di calcolo matematico.

Per questo viene considerata la prima programmatrice e recentemente il suo nome è stato dato ad uno dei più moderni linguaggi di programmazione (ADA).

Avrete sicuramente capito a questo punto, che quella delle schede perforate è stata un'idea geniale; per molto tempo, in effetti, le schede perforate hanno rappresentato il supporto più comune e diffuso per la memorizzazione delle informazioni.

Il tipo più largamente usato, fu realizzato da Hermann Hollerith nel 1890 il quale fondò una società che più tardi doveva diventare la International Business Machines (IBM) egli inventò anche il codice Hollerith per la rappresentazione delle informazioni su scheda, e realizzò un dispositivo elettromeccanico per ordinare le schede usate per il censimento USA. Questa fu un'altra pietra miliare nell'evoluzione dei calcolatori, poichè fino ad allora erano stati usati solo mezzi meccanici per trattare le schede perforate.

Torniamo ora all'evoluzione dei calcolatori.

Avendo a disposizione I'elettricità, gli uomini cominciarono a costruire macchinari elettromeccanici, invece di macchinari puramente meccanici. Nei calcolatori elettromeccanici venivano impiegati i relè e i solenoidi. Il primo calcolatore elettromeccanico, chiamato  Mark 1, fu sviluppato dall'americano Howard Hathaway Aiken, nel 1944 alla Harvard University. Era una macchina di vaste proporzioni, lunga circa 15,5 metri e alta circa 2,5 metri. Le istruzioni venivano caricate per mezzo di una banda di carta perforata (nastro perforato) e i dati per mezzo di schede perforate. I risultati erano registrati su schede, tramite una macchina per scrivere elettrica. La memoria poteva immagazzinare 72 numeri ognuno di 23 cifre.

Il calcolatore Mark 1 poteva moltiplicare due numeri in circa tre secondi e dividere due numeri in dieci secondi.

Nel 1947 il calcolatore Mark 2 poteva eseguire la stessa operazione in meno di un quarto di secondo. Questo voleva dire essere dodici volte più veloce, un enorme passo avanti per quel tempo, ma quale contrasto con i calcolatori di oggi che eseguono centinaia di migliaia di operazioni in un secondo!

Bene, evidentemente doveva essere accaduto qualcosa di rivoluzionario. Come poteva essere aumentata di tanto la velocità di calcolo ? Era iniziata con la valvola l'era elettronica.

Cosa e' una valvola (tecnicamente tubo a vuoto), lo sanno praticamente tutti (ammesso che abbiano superato un tot di anni), dato che nelle prime televisioni era la responsabile dei guasti nel bel mezzo del programma preferito. E' quel bulbo di vetro riscaldato da un filamento in cui gli elettroni si propagano nel vuoto andando dal catodo all'anodo… (state calmi ! Non siete fuori di testa, anzi, avete mai conosciuto un elettronico "SANO" ? Non credo che vi capiterà mai, state quindi tranquilli e prendeteli come sono). Il primo calcolatore elettronico digitale a valvole sviluppato da G. Presper Eckert,  John W. Mauchly e altri della Moore School of Engineering all' Universita' della Pensylvania nel 1946 era in grado di fare una moltiplicazione in circa 2,8 millisecondi (un millisecondo = 1 millesimo di secondo). Si chiamava ENIAC, un acronimo di Electronic Numerical Integrator And Computer.

Era realizzato con 18.000 valvole ed eseguiva in un'ora i calcoli che MarK I poteva eseguire in una settimana; poteva memorizzare solo 20 numeri, ma i tempi di somma, moltiplicazione e divisione erano rispettivamente di 200, 3.000 e 6.000 milionesimi di secondo.

La  U.S. Army Ordance Corps usò  l'ENIAC per calcolare le tabelle di puntamento per l'artiglieria.

L'ENIAC veniva programmato modificando manualmente alcuni collegamenti elettrici e selezionando sempre manualmente alcune centinaia interruttori, e ciò, come potete immaginare, richiedeva molto tempo.

Durante lo stesso periodo, John Von Neumann, dell'Institute for Advanced Study a Princeton nel New Jersey, pubblicò una relazione che ebbe un'enorme importanza nell'evoluzione dei calcolatori. Uno dei concetti presentati era quello di muovere o trasferire i bit dei dati in parallelo invece che in serie. In una macchina seriale i bit dei dati venivano trasferiti dalla macchina all'esterno e viceversa e all'interno della macchina stessa, uno alla volta, come in fila indiana. In una macchina parallela più bit di dati sono trasferiti tutti insieme, come accade all'inizio di una corsa di cavalli.

E' evidente che si risparmia molto tempo in una operazione se si muovono 8 bit di dati in un secondo invece che in otto secondi. Naturalmente e fortunatamente, in un calcolatore attuale i bit dei dati sono trasferiti a una velocità molto superiore di uno al secondo ed inoltre alcuni elaboratori moderni, elaborano anche 64 bit contemporaneamente.

Una grande idea, ancora oggi valida. Ma un altro concetto della relazione di Von Neumann ebbe un'importanza anche più grande per la tecnica di costruzione dei calcolatori: conservare il programma del calcolatore nella memoria interna del calcolatore stesso. Anche questa idea, sviluppata e perfezionata, e' usata tuttora. Infatti, avere il programma in memoria consente una maggiore velocità nelle operazioni e un'enorme flessibilità nell'uso del calcolatore, il che vuol dire svolgere calcolo scientifico per un secondo, poi ordinare una lista di nomi, aggiornare la quantità nella gestione di un magazzino e quindi tornare nuovamente al calcolo scientifico. Il concetto di programma memorizzato fu l'elemento più significativo che determinò il grande successo commerciale dei calcolatori. Nel 1949 furono completati contemporaneamente l'inglese EDSAC e l'americano EDVAC, essi sfruttavano appunto l'idea del programma memorizzato.

L'industria elettronica intanto si sviluppava in tutti i campi e mentre si perfezionavano sempre di più le nuove idee sul modo di costruire i calcolatori, la nascita dell'industria dei calcolatori elettronici fu segnata dalla comparsa nel 1951, (ad opera dello stesso gruppo di persone che avevano sviluppato l'ENIAC ), del primo calcolatore elettronico digitale prodotto su larga scala: l’UNIVAC 1. Fu proprio in questi anni che l'IBM, con il 701, il 1401 ed il 1620, acquistò il predominio (che possiede ancora) tra i produttori di computer.

I progressi nella realizzazione dei circuiti elettronici ed in particolare, i circuiti integrati messi a punto da industrie di semiconduttori, come la TEXAS INSTRUMENTS, insieme allo sviluppo di metodi di programmazione più efficienti, permisero di produrre calcolatori sempre più veloci, più affidabili, più piccoli, meno costosi e che consumavano meno energia. Il che ha consentito di estendere l'uso del calcolatore al di là del solo ambiente industriale. Si pensi alle calcolatrici programmabili, prodotte su larga scala, alimentate a batterie, vendute ad un prezzo basso e con una potenza di calcolo pari a quella dei grandi calcolatori della prima generazione.

Soffermatevi un momento a pensare che tutto ciò è accaduto in appena 40 anni! E inoltre, ora non siamo fermi, ma ci troviamo nel bel mezzo dell'era dell'evoluzione dei calcolatori. Se già questo ha avuto un sensibile effetto sulla nostra vita, gli sviluppi futuri si preannunciano ancora più significativi. Attendiamo infatti lo sviluppo dei calcolatori della quinta generazione (caratterizzati dall'intelligenza artificiale).

A tale proposito è ancora aperto il dibattito sulla correttezza o meno della definizione di intelligenza artificiale, in quanto anche se perfezionatissimo, con le più  svariate forme, il calcolatore rimarrà sempre e comunque una macchina costruita dall’uomo e quindi lo stesso, la predisporrà a svolgere determinati compiti ed a soddisfare le proprie esigenze.

A questo punto si innescano ulteriori argomenti di dibattito: 1) Più le macchine saranno complesse e meno persone quindi avranno le capacità per poterle gestire e dominare; 2) Con l’attuale evoluzione del software (programmi) che pochissimi sono in grado di modificare, quali conseguenze potrebbe avere sulla società, una programmazione fatta da pochi "esperti" allo scopo di raggiungere secondi fini ?

Tutto ciò non è fantascienza ma è ormai una realtà, mi riferisco ad esempio al monopolio della Microsoft nei sistemi operativi (programmi necessari per predisporre i computers al loro funzionamento), oppure alla rete Internet che sempre più ci attrae  e che sta entrando ormai  in quasi tutte le case, permettendo (potenzialmente) a qualsiasi sconosciuto, di poterci controllare, catalogare, ecc. e di poterci in qualche modo condizionare. Chi ci garantisce che, come accade per i cosiddetti virus informatici (programmi nascosti che entrano in azione inaspettatamente), non ci possano essere uno o più pazzi che introducano una sorta di virus nella rete Internet e che come un dispositivo ad orologeria, inizia a fare interpretare all’uomo, in un certo modo, i dati elaborati, come per esempio quotazioni di borsa oppure esiti elettorali falsati, ecc.? Dovremmo forse ridimensionare l’opinione che ci siamo costruiti sul dio computer, senza per questo bandirlo, ma semplicemente usandolo con quella intelligenza che come esseri umani ci contraddistingue!

 

LE GENERAZIONI DEI CALCOLATORI

 

Abbiamo visto finora come la continua ricerca di strumenti di calcolo sempre più potenti e veloci, abbia portato alla realizzazione del calcolatore elettronico digitale. Studieremo ora più nel dettaglio le tappe dell'evoluzione dei calcolatori, attraverso quelle che vengono chiamate le “generazioni".

La prima generazione nasce nel 1951 con il primo calcolatore prodotto su scala industriale, l'UNIVAC 1, venduto dalla Remington Rand. Il primo UNIVAC 1 fu installato e usato dall'Ufficio del Censimento degli Stati Uniti.

Per alcuni anni il suo nome indicò il calcolatore in generale, fin quando non cominciò la International Business Machine (IBM) a costruire e vendere calcolatori. Il primo IBM fu il 701, installato nel 1953. L'anno dopo fu messo sul mercato il 650 che divenne il calcolatore più popolare per molto tempo.

Da un punto di vista hardware (letteralmente ferraglia ed indica la struttura fisica delle parti che compongono il calcolatore), la prima generazione è legata ai tubi a vuoto (impropriamente dette valvole) che assorbivano una gran quantità di energia elettrica e dissipavano tanto calore da richiedere per il raffreddamento dei circuiti, potenti impianti di raffreddamento, i quali a loro volta consumavano forti quantità di energia elettrica.

Inoltre l'affidabilità di tali macchine era talmente bassa che spesso il tempo in cui erano fuori uso per guasti, era maggiore di quello in cui funzionavano. La loro capacità di memoria era assai limitata e la velocità di calcolo era dell'ordine di due millisecondi per una moltiplicazione.

La seconda generazione nasce quando i tubi a vuoto vengono sostituiti dai transistor, intorno al 1959. Questi ultimi erano più economici, più affidabili e più piccoli, consumavano di meno e producevano meno calore. Per tutti questi motivi la densità circuitale poteva essere sensibilmente aumentata, cioè, i componenti potevano essere messi molto vicini l'uno all'altro con conseguente riduzione delle dimensioni. Inoltre si diffuse l'uso di circuiti stampati facilmente riproducibili, che riducevano il tempo di manutenzione. In complesso, le macchine di questa generazione sono più piccole, più affidabili e meno costose (a parità di capacità) e usavano meno energia elettrica.

Già nel 1954 circa 30 industrie costruivano calcolatori, ed alla fine degli anni ' 50 ne erano stati installati circa 6000. Alcune aziende produssero computer orientandosi verso quelli «general purpose" (di uso generale), altre per applicazioni scientifiche, con una grande precisione nell'esecuzione dei calcoli matematici.

La RCA si specializzò in applicazioni di tipo gestionale, I’IBM e l’UNIVAC in applicazioni di tipo gestionale e scientifico, la CONTROL DATA in applicazioni scientifiche e in calcolatori ad alta velocità.

Con la seconda generazione si presentava un problema: i programmi scritti per essere eseguiti da piccoli calcolatori non "giravano" (non erano cioè compatibili) su quelli più grandi, anche se prodotti dalla stessa casa costruttrice. Questo fu il motivo principale dell'affermarsi, con la terza generazione nel 1966, del concetto di famiglia di calcolatori. Un'azienda poteva cominciare col comprare o affittare una macchina di piccole dimensioni ed  in seguito alla sua espansione o all'aumento delle sue esigenze elaborative, cambiarla con una più grande della stessa famiglia. Ogni modello viene indicato con un numero, tanto più grande quanto maggiore è la potenza di calcolo della macchina.

I programmi sviluppati per il calcolatore piccolo potevano essere eseguiti anche su quello più grande, senza modifiche od al massimo con pochi e semplici ritocchi. Questa caratteristica dei programmi si chiama compatibilità verso l'alto.

Un esempio famoso è il Sistema/360 dell'IBM, la cui famiglia comprendeva una piccola macchina da ufficio il modello 30 ed altri modelli diversi fino ad un grande e potente calcolatore adatto ad applicazioni sia gestionali che scientifiche.

Un'altra peculiarità della terza generazione fu l'uso dei moduli di circuiti miniaturizzati. Tali circuiti ibridi, indicati dall'IBM con il termine "solid Iogic", avevano i chips dei transistor e dei condensatori (senza contenitore) montati su un piccolo strato ceramico su cui erano stampate resistenze e conduttori mediante procedimenti fotografici. Le dimensioni del modulo era di circa 127 mm².

Ben presto, però, la maggior parte dei fabbricanti passò all'uso dei circuiti integrati (IC). Il primo dei quali fu inventato da JACK KILBY della TEXAS INSTRUMENT nel 1958. Da quel momento, sia la Texas che altri produttori di semiconduttori, progettarono e costruirono una vastissima gamma di circuiti integrati dei più diversi tipi. Un tipico IC, si presenta come un piccolo contenitore, di dimensioni variabili, ma tipicamente con lunghezza di 25,4 mm, larghezza di 12,7 mm e spessore di 3,4 mm.

Al suo interno c'è un piccolissimo chip di silicio che contiene un gran numero di transistors ed altri componenti, collegati fra di loro. I primi circuiti integrati contenevano un basso numero di componenti, ma con il raffinarsi delle tecnologie si raggiunsero livelli di integrazione sempre più spinta.

La differenza tra terza e la quarta generazione non è così chiara come per le generazioni precedenti. Alcuni fanno coincidere il suo avvento con la produzione della famiglia del Sistema /370 IBM (versione aggiornata del Sistema /360), altri con la realizzazione dei microprocessori.

Un microprocessore è una UNITA' CENTRALE (CPU :che vedremo in seguito), completa e realizzata su di un unico circuito integrato. I recenti progressi della tecnologia hanno poi consentito di integrare sullo stesso chip anche le funzioni di memoria e di ingresso/uscita, in pratica un microcalcolatore completo. Il primo processore fu una CPU a 4 bit, e comparve sul mercato nel 1971, rapidamente seguito dai microprocessori ad 8 bit e successivamente (nei primi anni ‘ 80) a 16 poi seguiti dai 32 bit.

Il numero di bit di un microprocessore è un'indicazione della sua potenza di calcolo; a parità delle altre funzioni, più bit forniscono maggior velocità, possibilità di "comunicare" con altri calcolatori, ecc.

Nella tabella sono elencati alcuni tra i microprocessori più conosciuti:  

Numero BIT  PRODUTTORE    TIPO /modello  
     
4  Texas Instrument  1000  
4  Intel 4004  
8 Intel    8080, 8085  
8 Fairchild      F - 8  
8 Motorola   6800, 6809  
8  National    IMP – 8  
8 RCA Cosmac  
8 Mos Technology    6502  
8 Signetics 2650  
8 Zilog Z - 80  
16 Texas instruments   9900  
16 Motorola  68000  
16 Intel 8086
16  Zilog Z - 8000  
32 Intel   Pentium  

 

N.B. Attualmente vi sono anche altri produttori di microprocessori a 32 Bit, ma certamente la stragrande maggioranza  dei computers monta un microprocessore della Intel.

I microprocessori ed i microcalcolatori "single chip" (su un solo chip) sono il risultato dell'evoluzione e del raffinamento delle tecniche di realizzazione dei primi circuiti integrati nonchè di recenti tecniche sviluppate per aumentare la densità dei circuiti integrati. La densità circuitale è un parametro che ci indica quanti componenti e quanti collegamenti possono essere realizzati su di un'unico chip.

Si indica anche con il termine livello di integrazione e viene misurata dal numero di parte logiche realizzate su un solo chip. Nella tabella sono indicati i diversi livelli di integrazione.  

 

 livello di Numero di porte Anni  
integrazione  per chip    
     
Piccola scala (SSI)   12  iniz. ‘ 60  
Media scala (MSD)   100 fine  ‘ 60
Grande scala (LSD) 1.000 iniz. ‘ 70  
Grandissima scala (VLSD) 50.000 fine    70  

La quinta generazione (un progetto ambizioso) che è ancora in fase di studio soprattutto da parte dei progettisti giapponesi e forse rimarrà ancora per un po’ solo un sogno, sarà caratterizzata dalla “intelligenza artificiale".

Nel 1981, il Ministro dell'Industria giapponese annunciò un nuovo progetto nazionale, lo sviluppo appunto della quinta generazione di calcolatori. Questi non saranno come quelli attuali, ma macchine capaci di una qualche forma di ragionamento, anche se l'uso di tale termine è improprio poichè si limiteranno a "ragionare", ovviamente, entro limiti prefissati da appositi programmi e quindi è assurdo pensare di poter paragonare tali limitate capacità con le infinite capacità di ragionamento esclusive dell’uomo.

Potranno possedere pero' (entro certi limiti), la capacità di apprendere, associare concetti, fare deduzioni, operare scelte.Il traguardo finale di tale progetto, era previsto per il 2000 ed avrebbe dovuto essere in grado di fare anche un miliardo di deduzioni al secondo, avere una "conoscenza" oltre ogni limite immaginabile.

Indubbiamente, comunque, se si arriverà a realizzare un simile "mostro", avrà un ruolo centrale nella vita dell'uomo, determinando sostanziali mutamenti che ancora non si riesce a focalizzare bene.Dipenderà ovviamente da come verrà usato un tale strumento, auguriamoci in bene o gli effetti potrebbero essere veramente negativi per una parte o per tutta l'umanità.